Canne - Massimo Bocchiola e Marco Sartori
Storia

Di cosa parla. La battaglia di Canne è diventata familiare agli studiosi di storia, e di storia militare in particolare, per almeno due aspetti. Innanzitutto per il modo geniale, e a suo modo esemplare, con cui il leggendario condottiero cartaginese mise in pratica "la manovra a tenaglia", e riuscendo così ad avere ragione delle ben più cospicue e numerose legioni romane che il senato era riuscito a costituire per affrontarlo, definitivamente, in una battaglia campale che potesse riscattare le due precedenti sconfitte. In pratica, Annibale fu in grado da un lato di sfruttare al meglio il campo di battaglia non adatto alle poco mobili legioni romane, dall´altro il rapporto di forza sbilanciato a suo favore della fanteria pesante. Schierandola al centro, facendola lentamente implodere sotto l´urto impressionante dei manipoli romani guidati da centurioni veterani ed esperti, e quindi stringendo in una morsa letale il grosso dell´esercito avversario operando un accerchiamento grazie all´estrema mobilità delle cavalleria leggera e pesante che aveva precedentemente disposto ai lati dello schieramento. Conseguendo una storica vittoria, ma anche e soprattutto portando a compimento una incredibile carneficina i cui numeri, pur non confermati e aperti a interpretazioni di qualsiasi tipo, in qualsiasi direzione, fanno impallidire ancora oggi. Probabilmente, sulla pianura presso Barletta, perirono circa 60.000 soldati romani. In una sola giornata. Circa il 10% dell´intera popolazione romana dell´epoca. In proporzione, mai nessun´altro fatto di guerra riuscirà ad avvicinarsi - fortunatamente - a quanto avvenne a Canne una lunga giornata di agosto di quasi 2200 anni fa.
Ma non solo. Questo libro, però, non si limita solo a descrivere dettagliatamente il corso della battaglia di Canne, oscillando tra le poche testimonianze coeve e i due principali resoconti storiografici - quello degli storici romani Polibio e Tito Livio - ma fa precedere la narrazione dell´evento bellico da una dotta e lunga dissertazione sulle circostanze storiche che portarono allo scoppio delle Guerre Puniche. Analizzando le differenze, ma anche le analogie, tra Roma e Cartagine, in termini di ordinamento politico e sociale. Le mire economiche ed espansionistiche. Ed infine le tradizioni culturali e la mentalità militare.
In mezzo, tra il racconto di una fase della battaglia e l´altra, più o meno brevi approfondimenti sulle dotazioni militari delle forze in campo, il modo migliore per narrare di una battaglia, i sentimenti e le sensazioni che i soldati di entrambi gli schieramenti dovettero provare. Ed infine, a seguire i fatti di Canne, alcuni brevi capitoli che cercano di fare calare il velo sulla figura leggendaria di Annibale, e come si concluse lo scontro epico tra Roma e Cartagine. Narrando la fine delle Guerre Puniche e di come, dai fatti di Canne la città romana seppe sollevarsi velocemente e diventare, nel giro di un secolo, quella che ancora oggi viene ricordata come caput mundi.
Quindi. Nel dare un giudizio, se così, si può dire, di questo libro su Canne, sono combattuto. Il tema è interessante e non si può dire che sia stato narrato con profondità e competenza. Anzi. Pure troppo forse. I capitoli iniziali sulla storia di Cartagine e di Roma, nel tentativo palese di narrare la lunga marcia di avvicinamento a Canne, sono infatti troppo lunghi e troppo approfonditi. E probabilmente non colgono nel segno. Così come, mi duole dirlo, il racconto della battaglia che appare frammentato da continui digressioni e approfondimenti che se da un lato arricchiscono innegabilmente lo spessore culturale e storico del libro, dall´altro lo appesantiscono e ne fanno perdere freschezza. E così si giunge alla fine di quella lunga giornata di agosto senza neanche accorgersi, ma non perché il racconto sia stato avvincente, ma solo perché persi nelle continue digressioni, si è quasi smarrito il filo del racconto.
Ma la profondità rimane. Così come l´erudizione. Ma di certo il libro in questione non può essere segnalata come facile lettura ed adattata a tutti. E la leggibilità avrebbe dovuto, forse, essere curata maggiormente.
Ma non solo. Questo libro, però, non si limita solo a descrivere dettagliatamente il corso della battaglia di Canne, oscillando tra le poche testimonianze coeve e i due principali resoconti storiografici - quello degli storici romani Polibio e Tito Livio - ma fa precedere la narrazione dell´evento bellico da una dotta e lunga dissertazione sulle circostanze storiche che portarono allo scoppio delle Guerre Puniche. Analizzando le differenze, ma anche le analogie, tra Roma e Cartagine, in termini di ordinamento politico e sociale. Le mire economiche ed espansionistiche. Ed infine le tradizioni culturali e la mentalità militare.
In mezzo, tra il racconto di una fase della battaglia e l´altra, più o meno brevi approfondimenti sulle dotazioni militari delle forze in campo, il modo migliore per narrare di una battaglia, i sentimenti e le sensazioni che i soldati di entrambi gli schieramenti dovettero provare. Ed infine, a seguire i fatti di Canne, alcuni brevi capitoli che cercano di fare calare il velo sulla figura leggendaria di Annibale, e come si concluse lo scontro epico tra Roma e Cartagine. Narrando la fine delle Guerre Puniche e di come, dai fatti di Canne la città romana seppe sollevarsi velocemente e diventare, nel giro di un secolo, quella che ancora oggi viene ricordata come caput mundi.
Quindi. Nel dare un giudizio, se così, si può dire, di questo libro su Canne, sono combattuto. Il tema è interessante e non si può dire che sia stato narrato con profondità e competenza. Anzi. Pure troppo forse. I capitoli iniziali sulla storia di Cartagine e di Roma, nel tentativo palese di narrare la lunga marcia di avvicinamento a Canne, sono infatti troppo lunghi e troppo approfonditi. E probabilmente non colgono nel segno. Così come, mi duole dirlo, il racconto della battaglia che appare frammentato da continui digressioni e approfondimenti che se da un lato arricchiscono innegabilmente lo spessore culturale e storico del libro, dall´altro lo appesantiscono e ne fanno perdere freschezza. E così si giunge alla fine di quella lunga giornata di agosto senza neanche accorgersi, ma non perché il racconto sia stato avvincente, ma solo perché persi nelle continue digressioni, si è quasi smarrito il filo del racconto.
Ma la profondità rimane. Così come l´erudizione. Ma di certo il libro in questione non può essere segnalata come facile lettura ed adattata a tutti. E la leggibilità avrebbe dovuto, forse, essere curata maggiormente.
Marco Ravanelli